Con ordinanza del 24 dicembre 2012, il Tribunale di Milano ha dichiarato la nullità di un licenziamento per ritorsione, disponendo la reintegrazione nel posto di lavoro in una piccola azienda.

Il ricorrente aveva subito durante l’orario di lavoro un infortunio che lo aveva costretto a interrompere la propria attività per recarsi al pronto soccorso. I datori di lavoro, a seguito di un’animata discussione, inviavano al dipendente diverse contestazioni disciplinari, lamentando il suo scarso impegno e il conseguente rallentamento della produzione.

Il giudice ha ritenuto che i datori di lavoro avevano ingiustamente accusato il dipendente, poiché il suo rallentamento derivava da una causa oggettiva. Il rifiuto della società di riconoscere quanto realmente verificatosi, continua il giudice, non può che tradursi in un’ingiusta reazione nei suoi confronti.

La ritorsione nei confronti del dipendente è stata identificata come la causa determinante del licenziamento; come riferito dalla giurisprudenza di Cassazione citata nell’ordinanza, “la ritorsione costituisce l’ingiusta e arbitraria reazione a un comportamento legittimo del lavoratore colpito […] , che attribuisce al licenziamento il connotato dell’ingiustificata vendetta”.

Il giudice ha precisato che, secondo l’art.3 della L108/1990, il licenziamento per ragioni discriminatorie comporta, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze di cui all’art.18 Statuto dei Lavoratori, e quindi, la reintegrazione nel posto di lavoro.  Pertanto, sebbene la società convenuta abbia alle dipendenze meno di 15 lavoratori, è stata condannata alla immediata reintegra del ricorrente nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno.

Leggi l’ordinanza del Tribunale di Milano 24.12.2012

 

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